Il famoso spettro marxiano che si aggirava un tempo per l’Europa in salsa berica assume le ben note sembianze di uno scudocrociato. Nulla di anomalo per la città che era “l’anticamera del Vaticano” per antonomasia, dove la Democrazia Cristiana non si limitava solo a vincere, ma a stravincere, relegando gli altri partiti al ruolo di pesciolini rossi. Nulla di anomalo, se non fosse che da quasi 30 anni la Dc non è presente nell’agone politico nazionale e locale, seppellita dagli scandali sorti con Tangentopoli. Ma di recente s’è tenuto a Vicenza il congresso provinciale della Dc, promosso dall’ex consigliere regionale e deputato Luigi D’Agrò, bassanese di 74 anni. Segretario provinciale è stato eletto Franco Battistella. 

Rinasce la Democrazia Cristiana? 

No - risponde D’Agrò - perché la Dc non è mai morta. Una sentenza della Corte di cassazione ha stabilito che la Dc non è mai venuta meno perché non si è mai tenuto un congresso di scioglimento come previsto dallo statuto. A oggi i titolari della Democrazia Cristiana, dell’eredità storica e del simbolo sono gli iscritti del 1992-1993. Negli ultimi trent’anni abbiamo assistito ad una diaspora dei democristiani che hanno trovato casa nelle proposte di altri partiti, ma il bacino elettorale cattolico di centro non è mai scomparso. 

State rimettendo insieme la Dc, insomma...

Stiamo tentando di determinare a livello locale una rete post-democristiana più che democristiana pura. Trent’anni non sono un’inezia per la politica, e non solo anagraficamente. Molte cose sono cambiate, quindi ancora prima che partito politico vorremmo essere un sentimento culturale, anche per eliminare quel marchio storico di sconfitta morale che la DC si trascina dietro.

Cosa vuol dire?

Che la vera politica la vivono i cittadini, tutti i giorni. Oggi purtroppo una comunicazione politica commerciale ha di fatto spento l’attivismo dei cittadini, relegandoli a meri spettatori, disincentivandoli dal prendere parte alle questioni di interesse generale. Noi vogliamo tentare di riportare in auge lo spirito di attivismo che era della Dc, la sua cultura di una politica di base, larga, contrapposta ai partiti di oggi che sono mera espressione delle figure forti che li rappresentano, come fossero una proprietà privata. La politica invece è di tutti, a partire dal livello locale.

Siamo di fronte a una nuova stagione di protagonismo Dc?

Sarebbe bello. Un buon punto di partenza sarebbe anche solo il riuscire a trasferire la nostra forma culturale a figure e persone che albergano in altri partiti al momento.

L’anno prossimo a Vicenza si vota per il sindaco. Rivedremo lo scudocrociato sulla scheda elettorale? 

Si vedrà. Al momento non possiamo escludere nulla. Se ci saranno le condizioni di presentare una lista lo faremo, poi vedremo in che forma e con che finalità. Potremmo essere una sorta di lista cerniera a supporto di uno dei due schieramenti, oppure una lista aggregativa che vada a coinvolgere altre realtà civiche. O magari se non saremo ancora pronti potremmo semplicemente limitarci a fornire una dichiarazione d’intenti. Di certo una nostra lista avrebbe dei tasselli fondamentali: giovani, donne, persone credibili.

Ecco, i giovani. Molti non hanno mai vissuto la Dc per ragioni anagrafiche.

Eppure noi dobbiamo essere in grado di farci interpreti proprio dei giovani, l’anziano ha vissuto più i vizi delle virtù della vecchia politica. E sicuramente una nuova offerta politica non può rimandare alla vecchia politica, dobbiamo riuscire a determinare una sorta di passaggio di testimone generazionale, mantenendo inalterati determinati valori propri della Dc, con la capacità di fare anche autocritica. Non c’è nulla di peggio che voler dare lezioni avendo sbagliato.

Al vostro congresso non sono passate inosservate alcune presenze politiche di peso tra il pubblico: Possamai, Tosetto, Joe Formaggio... 

Siamo stati molto contenti della presenza di alcune figure politiche di spicco a livello provinciale e regionale. Ci fa piacere che abbiano dei sentimenti democristiani. (Ride)