Ho letto con interesse l’articolo di Lucio D’Ubaldo pubblicato l’8 Maggio su “Il Domani d’Italia” relativo al caso Moro (“La verità sul caso Moro scuote la coscienza della nazione”). Una nota che allarga la visuale sulle circostanze e le motivazioni che potrebbero essere state alla base dell’assassinio del presidente della DC. Come ho avuto modo di scrivere all’autore ritengo, però, parziale la narrazione che, sin qui, si è fatta su uno degli episodi decisivi che portarono alla fine della DC, dei partiti che con essa avevano governato l’Italia per quasi trent’anni e della stessa “prima repubblica”.

Credo sia giunto il tempo di considerare le questioni economiche che concorsero in maniera, io credo, decisiva a quell’azione eversiva di “attacco al cuore dello Stato”. Aldo Moro, infatti, stava ledendo con la sua zione politica gli interessi delle grandi famiglie luterane di origine tedesco orientali (Rothshild/Rockfeller/J.P. Morgan) di cui Kissinger è membro e rappresentante, dato che intendeva:

  • cancellare con un colpo di penna, senza pagarlo, il debito di guerra del Tesoro italiano verso le banche (Casse di Risparmio) controllate dai Rothshild/ Rockfeller (J.P. Morgan).  Alla sua morte infatti il debito del Tesoro verso le Casse  di Risparmio non fu più cancellato con un colpo di penna, produce tuttora interessi; 
  • stampare con le BIN (banche d'interesse nazionale che erano pubbliche) una prima tranche di 5 miliardi di euro di banconote cartacee da 500 lire  per finanziare le opere pubbliche.  Alla sua morte infatti le 500 lire in banconote cartacee non furono stampate dalle BIN;  
  • non voleva inoltre che Banca d'Italia fosse estromessa dall'acquisto dei titoli di Stato che rimanevano venduti , 

Alla sua morte, infatti, Banca d'Italia fu estromessa dall'acquisto dei BTP rimasti invenduti, l'Italia cedette al ricatto dei Rothshild/ Rockfeller   " se vuoi  che ti compri i titoli di stato rimasti invenduti, pagami interessi”. 

Sarebbe utile che questa tesi fosse meglio studiata e approfondita dai media che, ahimè, subiscono lo stesso controllo diretto e indiretto che l'economia finanziaria esercita sull’economia reale e sulla stessa politica ridotta a un ruolo ancillare.

Più volte ho scritto, ricordando come nell’età della globalizzazione si sia superato, come ben argomenta il prof Zamagni, il principio del NOMA (Non Overlapping Magisteria) per cui: è l’economia finanziaria a prevalere sull’economia reale e sulla politica, evidenziando come una delle strade possibili da percorrere per ovviare strutturalmente al condizionamento, sia il ripristino della legge bancaria del 1936, reintroducendo la netta separazione tra banche di prestito e banche di speculazione finanziaria.

Moro ci tentò con i provvedimenti citati e, alla fine, ha pagato con la vita. Il governo della destra a guida di Giorgia Meloni sarà capace di tale coraggio? In fondo dovrebbe tornare ad applicare una legge che, su consiglio di Beneduce, Benito Mussolini adottò nel 1936, per rispondere alla grave crisi scoppiata negli USA e nel mondo dal 1929.

Fedeli all’impostazione che Guido Carli seppe sempre garantire alla Banca d’Italia, noi DC e Popolari dovremo tutti insieme richiedere questa scelta strategica di politica economica e finanziaria. Il ripristino della legge bancaria del 1936, con la separazione tra banche commerciali e banche speculative, vorrebbe dire riappropriarci della sovranità  monetaria,  sottratta all’Italia nel 1992/93 col d.lgs n. 481 del 14 Dicembre 1992 che abolì di soppiatto, dopo 56 anni, la separazione  bancaria; decreto emesso da Amato e Barucci e sottratta col Provvedimento di Banca d’Italia del 31 Luglio 1992, emesso da Lamberto Dini, con cui è stata modificata inspiegabilmente all’insaputa di tutti, non essendo, né una legge, né un decreto legge, né un decreto legislativo, la contabilità di partita doppia del sistema bancario italiano; fatto che avrebbe consentito, a questi fondi speculatori, secondo alcuni autori, una colossale miliardaria evasione fiscale (circa 1350 miliardi di euro evasi).

 

Ettore Bonalberti