In questi giorni vi sono forze politiche, gran parte della sinistra, che hanno organizzato manifestazioni e condotto campagne sulle testate giornalistiche e radiotelevisive per denunciare la discriminazione ai danni di bambini ai quali non sarebbero riconosciuti i normali diritti come agli altri solo perché a chiederne la registrazione anagrafica sono coppie omosessuali. 

Ogni volta che viene chiesto ai partecipanti a tale campagna quali sarebbero i diritti che sarebbero negati dalla non registrazione come figli di due papà o di due mamme la risposta manca.

Evidentemente perché un bambino registrato come figlio di suo padre o di sua madre biologici gode di tutti i diritti di cui godono i bambini registrati come figli di padre e madre.

Qualcuno azzarda a dire che, nel caso il bambino restasse orfano, sarebbe privo del secondo padre o della seconda madre che si prenda cura di lui, tacendo del fatto che il secondo padre o la seconda madre possono veder riconosciuto il loro rapporto affettivo con il figlio biologico del partner se mettono in atto le procedure per un’adozione speciale.

L’obiettivo evidente non è quindi la difesa dei diritti dei bambini che vivono in famiglia di omosessuali, ma di veder riconosciuta la filiazione a pari titolo da due padri e nessuna madre o da due madri e nessun padre. E poiché tale filiazione può avvenire necessariamente da un padre e da una madre, i due omosessuali maschi la ottengono ricorrendo alla pratica disumana dell’utero in affitto e le due omosessuali femmine la ottengono comprando alla apposita banca il liquido seminale di un maschio sconosciuto, ma con garanzia sui suoi caratteri fisici, psichici e razziali. Tali pratiche sono vietate in Italia e in molti altri stati, ma non in tutti, per cui basta attivarla nei paesi dove è ammessa e poi chiedere ai sindaci italiani alla registrazione anagrafica del bambino come figlio della coppia omosessuale. Per rendere meno chiari i procedimenti, la coppia omosessuale che adotta queste pratiche è detta, in linguaggio asettico, “omogenitoriale” e la pratica dell’utero in affitto è definita con finto altruismo “gestazione per altri” o ancor meglio, per nasconderne il significato, la sola sigla “gpa”.

La corruzione del linguaggio è prodotto del maligno, come già narra la Genesi. Il serpente inganna Eva dicendo cose che potrebbero apparire vere, nascondendo quelle vere.

Gesù invita a un linguaggio di verità, a dire sì sì o no no. In questa campagna il linguaggio è di menzogna e stupisce che anche esponenti cattolici mostrino accondiscendenze. Qualche cattolico del PD (la on. Costa per ora) ha pubblicamente invitato la segretaria Schlein a prendere posizione sulla pratica dell’utero in affitto, ma si può stare certi che la risposta non sarà un linguaggio di verità.

Perfino Avvenire o il settimanale diocesano Vita Trentina, per citare solo casi che conosco direttamente, sono disposti a riconoscere filiazioni di omosessuali una volta che un bambino sia nato, in nome dell’accoglienza degli omosessuali.

Importa niente se l’introduzione di certe pratiche creano costume: conta solo intenerirsi di fronte a un bambino che ha una sola mamma invece di due o un solo padre invece di due.

Un partito come la Democrazia Cristiana non può che usare il linguaggio della verità e sorprende in materia il silenzio di quei politici popolari o ex-dc, pronti a denunciare se qualcosa non va nel centro-destra (ed è giusto), ma silenti di fronte alle degenerazioni del centro-sinistra o del centro laico liberale e riformista in materia di rispetto dei valori definiti “non negoziabili” attinenti a famiglia, vita umana e libertà di educazione.

Il prossimo Congresso dovrà esprimersi con i sì e con i no in modo chiaro.

Sen Renzo Gubert

Presidente del Consiglio Nazionale DC