Mai come oggi serve quel risveglio intellettuale necessario per imporre una nuova visione. Una nuova prospettiva del “fare cultura”, di ri-creare cultura. E' sotto gli occhi di tutti il vuoto culturale, di valori, di ideali, di principi che possano ben orientare l'itinerario di un buon cammino a tutti i livelli. E' urgente un vero Umanesimo Cristiano che riaffermi lo spirito critico e il principio del libero esame, grandi conquiste che contribuirono a creare una della stagioni più fertili della nostra storia.

Un Nuovo Umanesimo che recuperi il significato più alto della parola latina Humanitas – tutto ciò che è degno dell'uomo e che lo rende civile, innalzandolo sopra la barbarie - raccogliendo la sfida della complessità e suggerendo una più moderna, corretta e completa proposizione dell’essere umano come espressione della vita. Una osmosi tra la scienza e la sapienza, la fede e la ragione, l'origine e il destino, con l'obiettivo di fornire le ragioni e i modelli di un rinnovato umanesimo in ogni campo.

Il nostro tempo ha bisogno di credere nuovamente che il destino dell'uomo è elevatezza, è offerta di vita in comune con Dio, invece di una catastrofica deriva verso il nulla, la non fede, il non sapere, il non cercare.

Credo che chi voglia fare politica come la più alta forma dell’amore deve avere a cuore la nascita di un nuovo umanesimo, un nuovo Rinascimento, un nuovo Illuminismo, questa volta costellato di cieli stellati sopra di noi che sappiano riempire di senso la nostra professione.

Urgono uomini di cultura per un vero Nuovo Umanesimo!  

La maggiore forza a servizio dello sviluppo è un umanesimo cristiano, che ravvivi la carità e si faccia guidare dalla verità, accogliendo l'una e l'altra come dono permanente di Dio. La disponibilità verso Dio apre alla disponibilità verso i fratelli e verso una vita intesa come compito solidale e gioioso. Al contrario, la chiusura ideologica a Dio e l'ateismo dell'indifferenza, che dimenticano il Creatore e rischiano di dimenticare anche i valori umani, si presentano oggi tra i maggiori ostacoli allo sviluppo. L'umanesimo che esclude Dio è un umanesimo disumano. Solo un umanesimo aperto all'Assoluto può guidarci nella promozione e realizzazione di forme di vita sociale e civile — nell'ambito delle strutture, delle istituzioni, della cultura, dell'ethos — salvaguardandoci dal rischio di cadere prigionieri delle mode del momento. È la consapevolezza dell'Amore indistruttibile di Dio che ci sostiene nel faticoso ed esaltante impegno per la giustizia, per lo sviluppo dei popoli, tra successi ed insuccessi, nell'incessante perseguimento di retti ordinamenti per le cose umane” (Caritas in veritate 78)

L’uomo cerca di assestarsi nella realtà dell'esistenza in modo vero e buono. La ricerca della verità e la passione per il bene sono i due fondamentali dinamismi dell’uomo.

Che cosa significa porsi dentro alla realtà in modo vero?

La verità è il disvelarsi della realtà all’uomo; disvelarsi che avviene nel giudizio della ragione. Nella conoscenza vera avviene una corrispondenza fra la persona umana e la realtà. Questa corrispondenza presuppone che l’essere delle cose sia per sé intelligibile e quindi abbia un significato, e che l’intelletto sia capace di aprirsi, sia intenzionalmente aperto alla realtà stessa. La cultura è quindi ricerca della verità, in primo luogo. Il pensare in verità è l’asse portante della cultura.

L’uomo ha consapevolezza che non si è fatto da sé; che il suo io è stato posto in essere da un Altro. 

L’uomo ha, inoltre, consapevolezza originaria che è-con-l’altro; non esiste, co-esiste; non c’è umanità se non come co-umanità [communitas].

L’uomo è originariamente in relazione con l’altro. Il simbolo reale di questa originaria costituzione relazionale dell’uomo è che la persona umana è uomo e donna. La ricerca e la scoperta del significato della relazionalità interpersonale è costitutiva del porsi dell’uomo dentro alla realtà.

L’uomo ha l’evidenza originaria che essere qualcuno è essenzialmente diverso che essere qualcosa. L’universo dell’essere è diviso in due regioni: la regione delle persone; la regione delle non-persone. E pertanto il rapporto della persona con il mondo impersonale è essenzialmente diverso dal rapporto della persona con la persona: la persona ha le cose; la persona è-con le persone.

Ma porsi dentro alla realtà non è opera solo né principalmente della ragione: è opera della libertà. Il dinamismo costruttivo della persona non è la ragione: è la libertà. È quindi mediante le scelte libere che la persona prende posizione, si assesta dentro alla realtà.

Il termine "umanesimo" denota il dinamismo della persona verso la propria autorealizzazione. La persona non solo si auto-determina, ma si propone come fine se stessa: l’auto-determinazione è anche auto-teleologia. Il nostro io, attraverso la scelta libera con cui afferma/nega la verità conosciuta, dispone contemporaneamente di se stesso scegliendo di essere in un certo modo. L’umanesimo è il risultato di questa costruzione che l’uomo fa di se stesso, è questa auto-costruzione.


Auto-costruzione o auto-teleologia non significa affatto un chiudersi della persona in se stessa, ma implica sempre un contatto vivo con la realtà intera.

Scrisse San Paolo VI  “Il nostro umanesimo si fa cristianesimo, e il nostro cristianesimo si fa teocentrico; tanto che possiamo enunciare: per conoscere Dio bisogna conoscere l’uomo”.

È possibile discernere un umanesimo vero – uno sviluppo della propria soggettività – da un umanesimo falso purché ci lasciamo guidare dalla nostra ragione; purché la ragione [il logos] o l’intelletto [noús] siano egemoni in noi. La nostra ragione è come la luce. La luce non può che illuminare; non può oscurare. Possono esserci cause ad essa estrinseche che impediscono alla luce di illuminare. Così è della luce che è in noi: essa non può che illuminare. E la luce è la nostra ragione. Tuttavia è possibile che essa venga annebbiata, sviata ed oscurata dai disordini delle passioni, da quella che Agostino chiamava la curvatio della volontà. Si ricordi quanto dicevo sopra sul potere che la libertà ha di negare nella prassi ciò che la ragione conosce.

Non solo. Ma la ragione stessa appare come ferita nel suo stesso esercizio, per cui quando cerca di costruire la risposta alle domande più profonde della vita, giunge con fatica ad una risposta; non è mai esente da errori; è un cammino che non tutti riescono a compiere.

Nella sua ricerca di una beatitudine vera, l’uomo è mendicante di luce per la sua ragione e di amore appassionato del bene per la sua libertà.

Cristo è la risposta a questa mendicanza di verità e di bene non semplicemente, non principalmente perché dona un insegnamento più vero circa il bene della persona, ma perché rende l’uomo partecipe della sua stessa vita.

È a tutti noto come il bambino impari a parlare. La madre comincia ad articolare parole, che il bambino ascolta. A un certo momento avviene il "miracolo": il bambino diventa capace di parlare. Egli cioè non si limita più ad articolare dei suoni, a ripetere delle parole. Diventa homo loquens: capace di entrare nella comunicazione-comunione con le altre persone.

La Chiesa annuncia il Vangelo, che l’uomo ascolta.

Ad un certo momento avviene il miracolo, accade l’incontro con la persona di Cristo: l’uomo diventa capace di vivere la sua umanità in Cristo come Cristo. Cristo è divenuto la "verità della sua soggettività". Il Nuovo Testamento usa un’espressione di una suggestione immensa: aprire il cuore. Cioè: è la sorgente ultima, è il dinamismo costruttivo della propria umanità che viene reso capace di realizzare la propria persona in Cristo. Quando e dove ci sono uomini e donne cui è accaduta quella "apertura del cuore", lì si comincia la costruzione dell’umanesimo cristiano, o – il che coincide – nasce una cultura cristiana.

Che cosa è che "apre il cuore"? è il sentire che esiste una corrispondenza fra ciò che il cuore desidera e ciò che l’annuncio cristiano documenta. In una parola: il sentire corrispondenza fra il "cuore" e "Cristo". Agostino ha meditato lungamente su questa esperienza e ci ha donato pagine mirabili. Poiché questa è la sorgente dell’umanesimo cristiano, questo non è allora altro che la realizzazione della propria umanità secondo la misura di Cristo: una misura centuplicata.

L’umanesimo cristiano non denota una sorta di realizzazione aggiunta alla realizzazione della propria umanità. È la propria realizzazione nella sua perfezione. È la santità il vero umanesimo cristiano. E il santo è semplicemente l’uomo interamente vero. E quando si parla di "propria umanità" si intende parlare di quelle tre coordinate portanti il nostro faticoso vivere: il rapporto con Dio; il vivere in società; la consegna del mondo alle nostre mani operose.

È per questo che nulla di ciò che è umano resta estraneo all’apertura del cuore del cristiano. Nessuna dimensione dell’esistenza umana resta estranea a Cristo. Nulla resta fuori.

L’anima dell’umanesimo cristiano è la cattolicità: capacità di raccogliere, valorizzare, integrare in sé all’interno del proprio rapporto con Cristo tutto quello che di buono, di vero, di bello l’uomo ha realizzato. 

Teofilo