In occasione del cinquantesimo di sacerdozio del vescovo di Trento monsignor Carlo de Ferrari, Flaminio Piccoli ne ricordò gli “anni di paternità spirituale, nel dolce segno della Grazia santificante”, alla quale – aggiunse - “ha chiamato con serena insistenza e con profonda consapevolezza il popolo cristiano”. 

Nel 1952 Piccoli venne nominato presidente dell’Azione cattolica trentina, ove si schierò con Mario Rossi (dimissionario nel 1954) contro Luigi Gedda, rivendicando l'esigenza di distinzione tra i compiti di formazione religiosa e spirituale dell'associazionismo cattolico e il ruolo politico e autonomo del partito. Questa presa di posizione gli costò anche un intervento de L'Osservatore Romano e la sua rimozione dalla presidenza diocesana dell'associazione cattolica trentina. 

Giornalista, anzi rappresentante di primo piano nell’organizzazione del giornalismo cattolico internazionale, Flaminio Piccoli fu per il noto Fortebraccio (al secolo Mario Melloni) “un reazionario di montagna, col pelo ruvido e i piedi prensili”, ad avviso di Giorgio Postal invece “la personalità trentina che più ha concorso al riscatto economico delle nostre popolazioni”, mentre Franco de Battaglia lo vede come una “figura costruttiva, ma anche divisiva”. 

Negli anni della sua attività provinciale fu dossettiano e fanfaniano, comunque “contro il clericalismo deteriore, che si esprimeva e si esprime in certa destra”. Amantissimo della lettura, la più varia, come rileva Manlio Goio in un lontano testo rusconiano, zio Flam proveniva naturalmente dal movimento cattolico, in particolare da un ambiente che a Trento “fece storia”: la Juventus, un’associazione di studenti medi - animata da don Oreste Rauzi (poi stimato Vescovo Ausiliare dell'arcivescovo di Trento) - che ci teneva a marcare la propria autonomia dall’Azione cattolica nazionale e che a Piccoli insegnò la religione della libertà (anche di quella religiosa). “Siamo a guardia di un nostro interesse – scriveva Flaminio -, questa fede, che sentiamo sempre più gravemente minacciata”. Ecco la ragione dell’Adige, il “suo” giornale, sorto “nella linea di una grande certezza: la nostra civiltà cristiana in atto”.


Ruggero Morghen