Nasceva giusto cent’anni fa a Firenze don Lorenzo Milani, di cui Flavio Bertolini indaga oggi l’esperienza umana e il progetto educativo, non omettendo di segnalarne alcune “rigide prese di posizione”. In un testo autoprodotto che riprende il suo lavoro di tesi, Bertolini ricorda i giovani “abbracciati” con dedizione dal sacerdote toscano, che perdeva la testa dietro “poche decine di creature”, ma prima ancora il suo diploma al “Berchet” di Milano (ci fosse andato qualche anno dopo,  vi avrebbe forse incontrato don Giussani) e la collaborazione ad “Adesso”, la rivista di don Primo Mazzolari.

Forte di due riferimenti trentini (don Marcello Farina e la casa editrice “Il Margine”), l’autore si sofferma sulla pedagogia del quotidiano attuata a Barbiana, comunità di vita ed accoglienza, scuola popolare operaia nonché esempio di sperimentazione educativa. Laboratorio popolare di scuola – in altre parole – ed insegnamento alla vita.  “La scuola di base, dove si impara a leggere e a scrivere, assume i caratteri quasi di un luogo d’arte, all’interno del quale si verifica un risveglio della coscienza”. Nella scuola di don Milani, in particolare, “il maestro è un regista che favorisce la discussione, lo scambio, la riflessione individuale e collettiva”.

Don Lorenzo è uomo della parola, che lancia il motto “I care” (anzi “I care tutto”) contro il “Me ne frego” fascista e fiumano. Il suo lavoro educativo assume un carattere quasi poetico ed estetico, la sua personalità “esprime la poesia dell’agire educativo”. È un viaggio che coinvolge educatore ed educando, provocando in entrambi cambiamenti, anzi trasformazioni. “Il maestro – scrive don Milani – deve essere per quanto può profeta, scrutare i segni dei tempi, indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani e che noi vediamo solo in confuso”.

Bertolini conclude osservando che il prete di Barbiana “ci indica un’esperienza di trasformazione della società e della politica dal basso, dalle periferie, da tutte le Barbiana del mondo”.

 

di Ruggero Morghen