di Luigi Rapisarda

 

Sembra quasi l’uovo di Colombo. Ma una Costituzione, nella sua accezione più autentica, viene al termine di un processo convergente su una identità culturale basata su principi e valori comuni: cosa che purtroppo non è stata facile per i promotori Adenauer, De Gasperi, Schumann, e Monnet, figuriamoci oggi.

Solo al termine di questo percorso, che non sarà praticabile in tempi brevi, mentre populismi e sovranismi la fanno da padroni nel nostro continente europeo, ed un Ppe sempre più ambiguo verso un’idea di Stati Uniti d’Europa (salvo, poi, a ritrovarsi un premier, come la Meloni che svendendo ogni orgoglio patriottico sano, fa da ponte a miserevoli e penose sudditanze che le bizzarre pretese di rivalsa irragionevole di Trump stanno imponendo al resto del mondo) può prendere forma normativa una devoluzione, secondo un pur minimo modello federale, sovranazionale, (Stati Uniti d’Europa) coerente e credibile di quei settori strategici ed istituzionali comuni, così da poter autorevolmente parlare ad una sola voce, secondo il rispetto delle maggioranze pro-tempore, (ovviamente espressione delle forze chiamate dagli elettori a governare nella specifica legislatura) come avviene in tutti i paesi che applicano coerentemente i principi dello stato di diritto, mettendo al bando unanimismi infruttuosi ed inconcludenti.

È incredibile che, con un’Europa così divisa sui temi cruciali della difesa, della politica estera e sul modo come fronteggiare le negoziazioni commerciali con il resto del mondo, e sulle fiscalità, tu possa proporre soluzioni che resterebbero confinati nell’utopia più inconcludente.

Così non aiutiamo a uscire dal guazzabuglio normativo in cui, con Trattati negoziati in una oramai superata visione egemone franco-tedesca, compreso l’Euro, non equamente bilanciato nel suo valore di riferimento tra gli Stati che lo hanno subito adottato, tra cui l’Italia, ci ha condotto un modello ultra trentennale di Europa a due velocità.