IL POPOLO

Editoriali

Da molto tempo sosteniamo, con l’insegnamento del compianto prof. Miglio, l’idea di un’Italia federale organizzata sulla base di cinque o sei macroregioni, ma, ahimè, sin qui le nostre sono state inutili “grida nel deserto”, in un Paese centralista che non si rende conto, così com’è attualmente organizzato, di essere destinato al fallimento. Il tema è ancor più attuale oggi con la volontà espressa dal governo Meloni di procedere verso un premierato che si potrebbe accettare solo se bilanciato da una struttura istituzionale di tipo federale sul modello tedesco, ossia, con la presenza di un sistema organizzato su cinque o sei macroregioni in grado di superare l’attuale frammentazione non più compatibile con la realtà italiana nel contesto europeo e internazionale.
Che in Ungheria prosperi un regime di destra è un fatto notorio e che Orban per questo motivo sia anche un imbarazzo per l’Unione europea cui appartiene, lo capisco. Inoltre è amico della Meloni, e anche questo è un fatto grave. Aggiungiamo, poi, che non ha sospeso le relazioni ungheresi con la Russia di Putin, per cui non ha problemi di forniture né di armi né di gas. Insomma, è su una linea di confine tra i buoni e i cattivi. La giustizia, in Ungheria, è un problema squisitamente nazionale, come dovunque. I giudici sono indipendenti e possono mettere in difficoltà o sotto accusa il governo, come dovunque.
Fumi di guerra e preoccupazioni diffuse. Ma davvero siamo alle soglie di una terza guerra mondiale oppure la stiamo già combattendo, come pensa qualcuno? Secondo il premier polacco, Tusk, i prossimi due anni saranno i più difficili dell’Europa dopo il 1945. Secondo la Meloni, forse la guerra non è così imminente come potrebbe sembrare ma è invece urgente una deterrenza europea. Secondo Macron, invece, le cose sono arrivate a un punto tale che si dovrebbe intervenire con truppe europee a sostegno dell’Ucraina.
Il primo obiettivo a scala europea è quindi quello di una costruzione di capacità di governo per il raggiungimento di bene comune. Le istituzioni europee sono da decenni deboli, limitate da regole decisionali che prevedono per ogni stato membro dell’Unione potere di veto. Il passo avanti con le “cooperazioni rafforzate” è ancora insufficiente e presenta pericoli di disgregazione della solidarietà fra i paesi europei. Sul principio di fondo del rafforzamento della costruzione di un efficace governo per il bene comune europeo un democratico cristiano non può nutrire dubbi
In Russia tutto è eccessivo: un grande popolo, una grande cultura, una grande storia. Non è eccessiva, invece, la vittoria di Putin alle soglie del suo quinto mandato. È la logica delle dittature: partecipazione massima popolare, percentuali bulgare di consenso, al limite del 90%. Come in Cina, ma l’esempio viene da lontano. In Occidente, dove guadagnare il 27/28% alle elezioni è già una conquista, si resta stupefatti. In Europa, diciamolo pure, governano le minoranze. Minoranze, poi, che sono ancor più minoranze visto che vota, in media, il 50% dell’elettorato.
I principi cristiani non siano finalizzati solo a un obbiettivo escatologico, ma debbano anche aiutare a elaborare i limiti e le caratteristiche qualificanti di impegno dei cattolici in politica, alla luce dell'Umanesimo Cristiano.
Che l’Europa si preoccupi delle case green mi dà il voltastomaco. Quali case? Quelle che saranno distrutte dai droni di un nemico qualunque se l’Europa non sarà in grado di difendersi? La situazione internazionale è molto delicata, dall’Ucraina al Medio Oriente, dallo Yemen alla Nigeria. Questa è una terza guerra mondiale strisciante. Cosa ci vuole per capirlo? Dov’è la politica, quella vera? Dove sono le strategie? Sulle case green? Troppo poco e quasi inutile. La grassa Europa fa gola a tutti, tranne a se stessa.
I quotidiani trentini hanno dato ampio spazio a un convegno e alla presentazione di un volume curato da due giornalisti circa gli effetti della disparità di attività lavorativa tra uomini e donne. Ho cominciato nel 1965, primo anno di università, a fare le prime ricerche sociologiche su dati e ho continuato con pubblicazioni fino a due anni fa. In materia ho frequentato corsi di statistica e di matematica, compresa quella per le scienze sociali, demografia, tecniche psicometriche, metodologia della ricerca e mi sono perfezionato al Graduate Center della City University di New York sotto lo guida di uno dei migliori metodologi, il prof. Edgar Borgatta. Quando perciò leggo di risultati di indagini ho il costume di valutarne l'attendibilità e invece continuo a leggere come risultati indiscutibili affermazioni che non lo sono.
Gaza: un ritmo incessante di pessime notizie: siamo a 20/22 mila morti, con una popolazione allo stremo. Hamas, nel suo programma politico, vuole distruggere Israele. In cambio, Israele massacra i Palestinesi e vuole cancellare dalla faccia della terra Hamas. I due non si vogliono conoscere, ma si combattono lo stesso. Al buio, senza alcuna strategia. Hamas vuole la distruzione di Israele. Chiaramente, è un obiettivo improponibile. Quindi combatte e uccide per qualcosa d’insensato. Secondo Netanyahu, Hamas deve essere annientata. Gli ostaggi devono essere liberati. Israele non tratta con i terroristi.
Stamane è stata data la notizia della morte di W.Schäuble, storico ministro delle finanze di Angela Merkel. Soprannominato “Zero nero” per la sua concezione - che trova un suo antesignano in Quintino Sella, ministro delle finanze dei primi governi dell’Unità d’Italia(1862-1873)assai rigorista nei conti pubblici, fu inflessibile nell’’applicare la sua formula: “Schwarze null”, appunto “zero nero”, non discostandosi mai nella gestione del bilancio statale dal perseguirne il perfetto equilibrio; consentendo alla Germania un periodo di grande prosperità economica, dopo la riunificazione e la capacità di affrontare con robuste misure la crisi pandemica di questi anni recenti.