di Stelio W. Venceslai



Bene, la sceneggiata è finita. Un buffone e un criminale si sono dati la mano e hanno deciso di fare affari. Dopo Anchorage sono i due protagonisti del momento. L’uno legittima l’altro e tutti e due mettono in scena l’amico ritrovato. Il mondo tace e nessuno vomita.

La conclusione di questo famoso incontro è che Putin ha vinto e Trump ha perso. Un po’ come ai tempi di Biden, quando chi vinceva negli incontri televisivi era Trump e Biden perdeva colpi. Ha confermato la vacuità del negoziatore americano. Putin scendeva dall’aereo e Trump gli batteva le mani, tutto contento, come un bambino davanti a un fuoco d’artificio.

Di Putin aggressore non si parla più. Delle stragi russe e del rapimento dei bambini ucraini neppure. Dello stillicidio dei bombardamenti sui civili neanche.

Putin può farlo in nome della sicurezza. È il Netanyahu dell’Est, con la benedizione degli Stati Uniti. Ma perché gli Stati Uniti sono sempre dalla parte sbagliata della storia?

Infrante le regole, il mondo è dei farabutti e Buffalo Bill, con la sua logica da vaccaro, cerca di guadagnarci sopra. Solo di affari, reali o presunti, si è parlato ad Anchorage, spacciando gli interessi di parte per tentativi di pace.

Putin ha più volte ricordato che la Russia ha bisogno di sicurezza e del popolo ucraino, un popolo fratello, ha detto. Anche Caino parlava così di Abele. Trump non ne ha parlato proprio di sicurezza, né di quella americana né di quella europea. Quanto agli Ucraini, non gliene frega nulla, solo fare scena

Putin, bene o male, rappresenta una Russia rampante e bellicosa, piena di rancori e di presunzioni imperiali.

Trump non rappresenta nessuno, anche se l’Europa gli ha dato una specie di delega in bianco: difendici tu che sei forte.  Ma Trump non è il difensore dei deboli, solo dei suoi interessi e il vecchio Occidente resta con il cerino in mano. Che bruci pure, tanto non conta nulla.

Peggio d Yalta. Allora, almeno, Russia ed America stavano vincendo una guerra. Guai ai vinti, e si spartirono il mondo con la lungimiranza russa e l’ingenuità americana. Nel nostro caso, invece, Trump non ha vinto nulla e Putin non riesce a vincere, ma il vizio è rimasto.

I commentatori politici internazionali sono delusi. Chissà cosa si aspettavano. Non c’è stata nessuna conferenza stampa. Le domande non sono gradite ai potenti di turno. Meno ancora ai satrapi moderni. Disturbano il manovratore. Solo due dichiarazioni piene di luoghi comuni. Qualcuno potrebbe pensare: tanto rumore per nulla.

Ma, purtroppo, non è così.

Nessuno ricorda che la Corte di giustizia penale internazionale ha chiesto l’arresto di Putin e di Netanyahu per processarli come criminali di guerra.

Attorno a Putin era stato steso una specie di cordone sanitario per isolare la Russia ed applicare nei suoi confronti pesanti sanzioni. Trump non solo ha rotto il cordone o, meglio, cerca di trasformarlo in un cordone ombelicale, ma non parla più né di nuove né di vecchie sanzioni. La Russia esce dal ghetto in cui si era confinata.

L’invito ad Anchorage legittima Putin come uno dei grandi leader internazionali, nonostante tre anni e più di una guerra che non riesce a vincere, riconoscendogli un ruolo essenziale per una pace che non vuole. La presenza dell’uno legittima la presenza dell’altro. Il primo aspira al Nobel per la pace, il secondo ad essere un leader mondiale riconosciuto dalla maggiore potenza politico-militare del mondo.

La prospettiva di grandi accordi fra Stati Uniti e Federazione russa fa di Putin un interlocutore privilegiato di Washington. Molte questioni importanti sono state solo adombrate: la delimitazione dei territori artici fra i due Paesi, lo sfruttamento delle risorse dell’Artico a seguito del disgelo (cambiamento climatico), la digitalizzazione e tutta una serie di possibili investimenti americani in futuro nell’economia russa.

Al momento, sono solo vaghi impegni, ma segnano un passaggio importante. Russia ed America, nel disfacimento dell’Europa, aspirano ad essere i gestori dell’economia mondiale. Da Anchorage potrebbe partire una nuova visione tripolare del mondo. Soprattutto, è il ruolo di Putin che viene esaltato nel nuovo corso della politica americana. Ciò non potrà non avere effetti nei confronti della Cina e della NATO.

Cina, India, Brasile, Indonesia con non sono più i Paesi coloniali sfruttati di un tempo, ma nuove potenze emergenti. Il binomio Russia-America sarà forse fatale per l’Europa ma non durerà a lungo.

Al momento, è anche un successo di Trump sulla pelle dell’Ucraina e ad onta delle assicurazioni date all’Unione europea. La ripresa di buone relazioni russo-americane, comunque, è un fatto positivo. Allontanate le ricorrenti minacce di guerra nucleare, il paradosso del preteso successo di Anchorage è che non si è affrontato il tema centrale del cessate il fuoco in Ucraina. La questione resta impregiudicata. Il segreto si colloqui russo-americani è impenetrabile. Tutte le opzioni sono possibili e, intanto, la gente continua a morire.

Adesso va di moda l’idea che è meglio un accordo definitivo di un cessate il fuoco. Ciò spiega le ipocrite felicitazioni europee alla politica di Trump. L’Ucraina per il momento non è stata venduta per un piatto di terre rare. Quanto durerà l’impegno di un incontro fra Zelenski e Putin?

In questo modo Trump si tira fuori da un nodo inestricabile dalla cui soluzione sperava il Nobel per la pace. Che se la giochino gli Europei, se ci riescono. Amici sì, ma ognuno a casa sua.

Al momento, Putin ha ottenuto il massimo, Trump il nulla. I vertici si toccano. L’Unione europea fa finta d’essere un’unione e balbetta parole vuote. È la parente povera dietro la porta della festa per l’idillio.