di Stelio W. Venceslai



Quello che sta accadendo a Gaza è sotto gli occhi di tutti. Possiamo chiamarlo in mille modi, da genocidio a operazione speciale, ma la situazione non cambia.

Israele va avanti, nei suoi confusi disegni di supremazia mediorientale, e la gente muore. Nessuno fa niente. L’usbergo nordamericano è tale che nessuno si muove. Questo è un fatto.

La reazione mondiale è di simpatia, sempre più sofferta, per il popolo palestinese e d’insofferenza per il comportamento israeliano ma, finché le cose resteranno così, è illusorio credere che possa influenzare in un qualche modo una situazione così drammatica.

Gli Stati occidentali sono impotenti, legati a vincoli di sudditanza nei confronti degli Stati Uniti e, nel caso dell’Europa, legati all’incapacità decisionale dell’Unione europea. La conclusione è che da questi Stati non ci si può aspettare nulla di concreto. I riconoscimenti di uno Stato della Palestina che non esiste sono meramente simbolici. Non danno né acqua né pane né medicine ad un popolo espulso dal proprio territorio. La Flotilla è un esempio di quando i popoli non concordano con i loro governi e vogliono far sentire la propria voce. Serve a qualcosa? Vediamo.

La Flotilla dovrebbe sbarcare nel territorio di Gaza. A Gaza non ci sono strutture portuali. Gli Americani hanno cercato di costruirne una ma, poi, hanno abbandonato l’impresa. Dove attraccherà la Flotilla?

La Flotilla porta con sé viveri ed altri beni di necessità per i bisogni palestinesi. Le dimensioni di questo aiuto d’emergenza sono molto limitate, data la stazza delle imbarcazioni: una goccia nel mare delle necessità di un popolo disperato, ma anche una goccia può servire. È soprattutto una questione di principio.

A chi daranno queste risorse? Al vescovo Pizzaballa, ad Hamas, a un Comitato di profughi improvvisato lì per lì, oppure agli occupanti israeliani?

Per arrivare e sbarcare risorse la Flotilla deve superare le acque territoriali israeliani e il blocco imposto, con la considerazione che il governo di Israele vede la Flotilla come un covo di terroristi. Se la Flotilla rompe il blocco, che succede? Sparano e li arrestano tutti?

A parte le lamentazioni che ne deriverebbero sulla stampa internazionale, peraltro inutili, la Flotilla non porta nulla con sé se non l’espressione di un disagio internazionale collettivo. Sono degli irresponsabili, come dice la Meloni? Probabilmente sono degli ingenui sognatori, convinti della loro capacità di cambiare il mondo.

La loro operazione comporta dei rischi? Certamente. Già gli attacchi con i droni durante la navigazione hanno fatto capire quale potrebbe essere la reazione israeliana se entrassero nelle loro acque territoriali. I rischi sono molto alti, compresa la probabile detenzione nelle carceri israeliane, sempre che non ci siano morti e feriti. In questo ha ragione la Meloni.

Dove la Meloni non ha affatto ragione è quando ritiene che tutta l’operazione della Flotilla sia una manovra politica contro il suo governo. Mi sembra difficile pensare che i componenti della Flotilla non italiani siano d’accordo nel volere la caduta del governo Meloni. È un eccesso di presunzione. L’intento, forse, è nella mente dei soli Italiani che viaggiano con loro.

Spagna ed Italia stanno inviando alcune navi da guerra per proteggere la spedizione. Contro Israele? Se è per raccogliere eventuali naufraghi va benissimo. Se è per scambiarsi cannonate non va bene. Una guerra italo-spagnola contro Israele è proprio quella che ci manca in questo desolante quadro internazionale. Occorre avere quella prudenza che sembra mancare alla Flotilla. Infilarsi non graditi in una zona di guerra è perlomeno rischioso.

In conclusione, o tutto finisce a tarallucci e vino, con la consegna dei viveri e delle medicine a qualcuno che può farlo, ed Israele tace ed acconsente, tanto non fanno nulladi pericoloso o di determinante, oppure … lasciamo perdere. Potrebbe essere uno scenario terrificante.

Alla fine, a cosa sarà servita tutta questa sceneggiata?

Le ripercussioni saranno politiche all’interno dei singoli Paesi interessati.

Riconosceremo forse lo Stato della Palestina e non riconosceremo l’espansione territoriale di Israele, così come non fu riconosciuta l’elezione di Gerusalemme a capitale dello Stato o la scelta d’impiantare colonie israeliane in Cisgiordania. In altri termini, non succederà nulla.

Israele continuerà a fare il brutto tempo e il buono, sotto la protezione di Trump, gli Stati arabi continueranno a non muoversi in nessun senso, tranne il poverissimo Yemen che ogni tanto manda un malinconico razzo su Israele, tanto per far capire che non è della congrega dei silenti osservatori arabi.

L’Europa è impotente ed inutile, neppure come ombrello per i suoi Stati membri, frustrati dall’unanimità.

Prendiamocela con la Meloni che ha il pregio di non accodarsi agli altri, anche se ha il difetto di accodarsi solo agli Stati Uniti. Ma ci sono alternative?