di Stelio W. Venceslai



Viviamo tempi calamitosi e veloci, al punto che riflettere diventa sempre più difficile.

Da che mondo è mondo, gli uomini si sbranano tra loro per questioni, per la gran parte, sciocche. L’essere umano, purtroppo, ha questa tendenza genetica: uccidere il proprio simile per fatti di secondaria importanza: un pezzo di terra, una visione diversa in materia di religione, gelosia o invidia, malinteso senso dell’onore, vendetta, cupidigia di denaro e così via.

Francamente, a parte la straordinaria capacità d’innovazione degli umani, c’è anche questa tendenza all’omicidio del singolo o al massacro di molti che ci differenzia da tutti gli altri esseri viventi. Ciò fa sì che i rapporti fra gli esseri umani e le Nazioni si sono sempre basati su una combinazione di forze contrapposte, un equilibrio spesso instabile che ha scatenato guerre tanto sanguinose quanto inutili.

Negli ultimi due secoli c’è stata una tendenza a ingentilire i nostri costumi. Si è cominciato con la Croce Rossa e poi, via via, con le organizzazioni internazionali e la creazione di un diritto internazionale molto articolato cui tutti, più o meno, abbiamo fatto riferimento.

Questa costruzione complessa, faticosa e non sempre rispettata, ora, dopo l’avvento di Trump, è a pezzi. Non esiste più se non nei manuali universitari. Siamo tornati al prevalere della forza bruta e degli interessi. Nulla di nuovo, per carità, è sempre stato così, ma quella fragile costruzione giuridica internazionale che tendeva a contenere l’arbitrio del più forte è finita nello stanzino delle cose inutili.

Sono superflui i romanticismi sulle cose vecchie. Oggi si deve badare al sodo. Non è cinismo, ma realismo. Qual è il sodo? Il sodo è rappresentato dagli Stati Uniti e dalla Cina. Dietro, ma molto dietro, c’è anche la Russia. Fa la faccia feroce, ma è un Paese di povera gente pieno di boria che non campa se non vende i gioielli di famiglia o non fa la guerra a qualcuno. Più che produrre vive di prede.

Se le cose stanno così (e devo dire, purtroppo), tutte le sceneggiate buoniste del mondo europeo occidentale sono perfettamente inutili. Manifestazioni massicce o scioperi generali vanno bene per riempire di colonne i giornali o per dibattiti televisivi, ma non servono a nulla.

La gente, sensibile di fronte al massacro dei Palestinesi, s’indigna, protesta, organizza cortei e flottiglie di naviganti verso Gaza, chiede il riconoscimento dello Stato di Palestina, come i liberali del primo Ottocento chiedevano la Costituzione di Cadice. 

Purtroppo, le cose sono diverse.

Il riconoscimento dello Stato di Palestina lo hanno già fatto più di centocinquanta Paesi nel mondo. Non è successo nulla e lo Stato della Palestina non c’è, tranne che nella mente dei sognatori. Aggiungervi il riconoscimento dell’Italia o della Germania o dell’Unione europea è indifferente. Lascia il tempo che trova, neppure una nuvoletta.

Il destino della Palestina è nelle mani di Trump e del suo famiglio Netanyahu. Sono loro che decidono, non le folle dei manifestanti a Madrid o a Milano. Decidono perché sono d’accordo, perché la lobby ebraica è molto forte negli Stati Uniti e Trump deve tenerne conto, perché l’esercito israeliano è quello che spara con le armi fornite dagli Stati Uniti, perché al popolo americano dell’Europa e del Medio Oriente importa poco o nulla e lascia fare al suo eletto.

Per quel popolo Trump è il prescelto da Dio per ricevere il Nobel per la pace. Ci credono fermamente perché solo la mano di Dio (come quella di Maradona) poteva sviare il proiettile diretto alla testa di Trump, e questo è un argomento decisivo molto più del malessere che pervade l’Europa.

Fin quando il popolo americano sarà convinto della sacra aureola del suo Presidente, Trump farà, più o meno, quello che aggrada al suo famiglio. Dio è con lui, come il Dio degli Ebrei è con Israele. Vogliamo forse opporci al volere di Dio?

Gli Stati cui appartengono le folle che chiedono la pace a Gaza, sono entità a sovranità limitata. Non si può dire, ma la verità si può almeno pensare.

Prendiamo il caso di Roma, che ci è più vicino: la Meloni dovrebbe scegliere fra dispiacere a Trump e a Netanyahu oppure compiacere le folle di manifestanti che chiedono il riconoscimento (inutile) della Palestina. Che ne dite, come sceglierebbe? Essendo più saggia del previsto, non muove foglia, non riconosce e non fa nulla. Tira a campare con frasi fatte buone per ogni evenienza, tanto la tempesta, se mai ci sarà, dovrà sbrogliarsela Trump.

In effetti, anche il Presidente degli Stati Uniti ha il suo tallone d’Achille, ma in America, non nel mondo. Ciò che interessa Trump è il consenso. Solo se perdesse il consenso delle masse e in America scoppiassero tumulti come in Europa sarebbe costretto a tenerne conto. Nel caso del Vietnam fu l’indignazione popolare a costringere alla fine di una guerra inutile e ad una fuga vergognosa degli Americani dall’ex Indocina. Non parliamo, poi, di quello che è avvenuto a Kabul. Se l’America non si sveglia è inutile suonare la sveglia per lei.

Il potere ce l’ha America e per essa, Trump. Se l’America reagisce, cambia tutto. Se l’America è sonnolenta e non guarda fuori di casa sua, tutti i conati del mondo fanno solo sorridere. D’altro canto, tutta la politica del mondo trumpiano si esprime con solo due parole: America first. Non dobbiamo dimenticarlo.

Nelle nostre democrazie, che hanno vari modi di essere imperfette, i regimi autoritari da un po’ di tempo nascono non tanto con le baionette quanto con i voti. Se l’opposizione nei confronti Trump latita, questi potrà fare il buono e il cattivo tempo, tanto il Paese lo segue lo stesso.

Lo si è visto con il conclamato piano per la pace a Gaza. Ignoro quale sarà l’atteggiamento di Hamas ma rifiuterei l’ipotesi di cedere le armi e di accettare un’amnistia. Dopo tanto sangue più o meno innocente, dopo settant’anni di   attentati, guerre e terrorismo, sarebbe come dire che si è scherzato. Hamas non esiste, eppure, c’è, tant’è vero che tutto dipende, ora, da Hamas.

Questa ipocrisia sul terrorismo con il quale non si scende a patti, cela un’idea di superiorità morale che non mi pare si attagli esattamente alle imprese che ben conosciamo di Netanyahu. Hamas vuole sterminare Israele, Israele vuole sterminare Hamas. Non c’è da illudersi, è un duello mortale. L’Europa guarda e fa da padrino. Il padrone è altrove e ha già scelto chi dovrebbe vincere.

Nel piano di Trump non si parla della Cisgiordania, non si parla di fare uno Stato della Palestina, non si affronta il problema del ritiro degli Israeliani da Gaza. Solo un ultimatum per una resa senza condizioni. Ho l’impressione che, così, non si andrà da nessuna parte.

Si punta solo sulla stanchezza di una guerra che Israele non riesce a vincere e sugli interessi dei Paesi arabi che vogliono solo fare mercato. Dei Palestinesi, checché se ne dica, non importa nulla a nessuno.

Anche questo non va bene, siamone coscienti.