di Ruggero Morghen
In numerosi interventi, svolti anche su questo giornale, l’amico Ettore Bonalberti ha ricordato il decisivo ruolo svolto dal sacerdote genovese Gianni Baget Bozzo nel portare Forza Italia ad aderire al PPE, diventando quindi il principale partito “moderato” italiano presente nel Partito Popolare europeo. Presupposto di quell’adesione fu il forte interesse (quasi un innamoramento) manifestato da Silvio Berlusconi nei confronti di don Luigi Sturzo.
La vicenda è ben descritta dall’impareggiabile Sandro Magister, che si chiedeva dove fossero finiti Erasmo da Rotterdam, Tommaso Moro e Machiavelli, insomma gli amori rinascimentali di Berlusconi, visto che “con la passione travolgente delle vocazioni tardive, il capo di Forza Italia s’è buttato sul novecentesco don Luigi Sturzo”. Fino a pubblicare sulla Stampa (“scritto di mio pugno”, tenne poi a dire) un saggio in forma d’epistola per raccontare – al modo d’un filosofo – il suo innamoramento intellettuale per il prete di Caltagirone, fondatore del Partito popolare, antifascista in esilio e, fino alla morte nel 1959, profeta inascoltato del liberalismo.
Il 6 giugno 1996, in Sicilia per le elezioni regionali, il cavaliere faceva tappa a Caltagirone commuovendosi davanti alla tomba di Sturzo e dichiarando: “Tutti dobbiamo diventare missionari, dobbiamo farci apostoli”. È stato proprio Bagez Bozzo – rivela Sandro Magister – ad iniziare Berlusconi ai misteri di don Sturzo, in quel fatidico autunno del 1993 in cui l’impresario di Arcore creò Forza Italia. “Era necessario e urgente – ricorda il teologo e politologo genovese – ancorare il nuovo partito a un solido filone ideale e a grandi figure ispiratrici non di parte, ma di statura nazionale”. Ecco allora che don Sturzo appariva l’uomo adatto. E con lui Luigi Einaudi. E prima di lui i grandi cattolici liberali dell’Ottocento risorgimentale: Cesare Balbo, Antonio Rosmini, Vincenzo Gioberti.
Baget Bozzo suggerì a Berlusconi di leggere per prima cosa “Battaglie per la libertà”: due volumi stampati a Palermo che raccolgono gli articoli di don Sturzo apparsi sul Giornale d’Italia dopo il suo rientro in patria nel 1946. Ma anche un’antologia di scritti sturziani, “Il manuale del buon politico”, curata da Gabriele De Rosa ed edita dalla San Paolo, finiva tra le letture del cavaliere. “Al punto che – concludeva Magister, al tempo articolista de L’Espresso – don Baget Bozzo può ormai gioire dei progressi del suo allievo. Con la sua epistola pro-Sturzo sulla Stampa di domenica 21 luglio, Berlusconi ha passato l’ultimo esame a pieni voti”.