di Ruggero Morghen
Dopo l’incontro a Gardone Riviera in occasione di uno di quegli eventi organizzati dal Vittoriale e pubblicizzati con lunghissimi titoli da Giordano Bruno Guerri, suo direttore e presidente, è piacevole ritrovarsi a fare quattro chiacchiere con l’amico Federico Carlo Simonelli, già critico d’arte ed ora assai apprezzato “giovane storico”.
Anche se lui non vorrebbe essere notturno il suo motto, mutuato da Gabriele d’Annunzio, è “Per non dormire” (acronimo PND) per cui tempo ce n’è per un dialogo confidente e libero. Tanto più – mi dice – che “con te solo posso essere serio e ridere al contempo di tutto questo”. Ad esempio degli amori attesi e non corrisposti, per cui – osserva - “la mia nonna diceva, nei numerosi casi come questo: quella meglio perderla che trovarla”. Rimane la soddisfazione di constatare che “da tanto tempo una ragazza non mi mandava la richiesta dopo una festa”.
Consulente storico (“Sono dentro, dietro, davanti”) del film croato “Fiume o morte!”, Simonelli si sofferma divertito su un controverso incontro organizzato addirittura all’Hotel Continental di... Sušak. (“È qui, a Sussak, nel quartiere croato – fa dire Giulio Leoni al “suo” d’Annunzio – che cova l’odio obliquo contro di noi e le nostre armi”). Poi mi parla del vecio fiuman Augusto Rippa Marincović, un urologo che ai tempi fu assai innovativo ed è oggi un nemico giurato della precitata pellicola croata, tanto che ne ha dibattuto pubblicamente col regista e lo stesso Simonelli a Brescia e alla proiezione per la comunità italiana di Fiume. Lui trova Augusto assai simpatico. “È un tipo interessantissimo, ingiustamente emarginato dall’ambiente degli esuli. Vorrei con lui un dibattito al giorno. E attendo anche i tuoi insulti per il film: non vedo l’ora”.
In tale attesa Federico si concede una pausa onirica sul Vittoriale che fu e ricorda “una signora tutta tubino e tacchi a spillo, di spalle, che mentre scendeva al Laghetto delle danze per vedere il pozzetto appena scoperto (parliamo di miliardi di anni fa!) disse che il Vittoriale è come la Thailandia, per cui non fare il pescegatto: questo lo sentii dire all’accompagnatore di una queste signore della corte di Guerri quando ero un imberbe stupidino”. Morale: se vai al Vittoriale devi lasciar perdere la pudicizia. O “la mia gente non si vergogna di nulla dirìa Gabbbbbriele se vedesse la folla che lo adora”.
La conversazione a distanza si conclude con la promessa di continuare i tanti discorsi aperti. “Quanto alla ricerca sulla Disperata – osserva Simonelli - nulla è definitivo (fortunatamente), e nulla è pronto. Per me le ricerche non possono che durare anni. Così come Keller e tanto altro, per ragioni che si intersecano su una certa mia difficoltà nel relazionarmi con il fandom dannunziano”. Non conoscevo la parola fandom, come probabilmente non la conosceva il compianto amico Attilio Mazza recentemente celebrato, un autentico dannunzista “a chilometro zero” (abitava infatti a un tiro di schioppo dal Vittoriale). Egli però conosceva un’altra parola inglese che usava per definire la sua opera tanto ricca: l’espressione "work in progress", che – osservo - forse si attaglia anche alla tua idea di ricerca. E Federico: “Se parliamo del lavoro che dura anni e anni, work in progress è un'espressione perfetta. Quoto Mazza”. Ah: “quoto” significa “ripeterei esattamente quello che lui ha detto”.