IL POPOLO

Editoriali

Un lungo applauso della Camera ha salutato il rieletto capo dello Stato Sergio Mattarella. Dopo il giuramento, nuovo applauso e tutti in piedi mentre dal Gianicolo sono partiti i 21 colpi di cannone di rito. Ma l'attesa è stata per le parole del Presidente della Repubblica. Quasi 12 cartelle piene, lette da Mattarella in 38 minuti con voce a volte emozionata, interrotte da 55 applausi dei Grandi Elettori. Il Presidente, con mitezza, ha indicato sfide e incoraggiamenti per tornare a far sperare l'Italia del dopo-pandemia. Di seguito il testo integrale del discorso del Presidente della Repubblica
Puntuale cronaca dell'Ufficio politico della Democrazia cristiana. Ottima la relazione introduttiva del segretario politico, Renato Grassi. Confermata la collocazione del partito al centro. Salutato con affettuosa amicizia la rielezione del presidente Mattarella. Sottolineato il permanere delle difficoltà nei confronti dell’UDC, dopo le tristi esperienze vissute dalle ultime elezioni europee sino alle recenti elezioni regionali calabresi. Sui problemi organizzativi interni del partito, permanendo la pandemia, è probabile che la data del nostro prossimo XX congresso nazionale possa/debba slittare.
Con la rielezione del Presidente Sergio Mattarella, finalmente, dopo estenuanti votazioni al buio, si è data soluzione al groviglio di improvvisazioni e di prove di forza che ha fatto scivolare l’assemblea parlamentare in un penoso impasse, di cui ne porta massima responsabilità il procedere ambiguo ed avventato di Salvini che spesso ha trovato sponda in Conte, finti nemici di giorno ed amici di notte. Nell’esprimere tutto il nostro compiacimento per questa riconferma, peraltro da noi auspicata da tempo, resta aperta, in tutta la sua gravità, l’evidenza di un sistema politico ormai del tutto incapace, nelle sue funzioni di corpo elettorale.
Sergio Mattarella è stato eletto per un secondo mandato Presidente della Repubblica Italiana con un suffragio pari a 759 voti. Un plebiscito di voti, secondo solo a Sandro Pertini che nel 1978 era stato eletto con 832 preferenze. Una decisione di grande generosità, la sua, nei confronti del Paese. L’Aula della Camera gli ha dedicato un lunghissimo applauso (forse anche psicologicamente liberatorio!) di quasi 5 minuti, tra i più lunghi che la storia della Repubblica italiana possa ricordare in occasione dell’elezione del Capo dello Stato.
Come avevamo auspicato nella riunione del Consiglio Nazionale della Democrazia Cristiana, ribadiamo la nostra convinta adesione alla proposta di rinnovo del mandato al Presidente Mattarella. La convulsa gestione della trattativa per l'elezione presidenziale ha evidenziato la crisi di un sistema basato sulla contrapposizione tra schieramenti di destra e sinistra generati dal sistema elettorale maggioritario e incapaci di costruire una sintesi politica. Le forze politiche con un sussulto di realismo dovranno affrontare con urgenza il tema della modifica del sistema elettorale e a nostro giudizio approvare un meccanismo proporzionale che restituisca nel contempo agli elettori di poter scegliere i propri rappresentanti
Lo spettacolo miserando di queste votazioni presidenziali è sotto gli occhi di tutti e palesa l’incapacità totale dei nostri politici. Lo sapevamo, ma non fino a questo punto. Il Centrodestra vagheggia nomi impossibili, Il Centrosinistra tace e non si esprime. Ognuno gioca la sua partita che, purtroppo, non è quella del Paese che vorrebbe un Presidente adeguato e un governo stabile. Follie. Le varie votazioni si succedono come in una commedia di cattivo gusto: schede bianche, astensioni, nomi improponibili buttati là, sulla scheda, che esprimono solo ignoranza e disprezzo. La morte della politica non fa piacere a nessuno. Lo spettacolo è pietoso, se non indecente, a partire da un Parlamento che, in realtà, non serve a nulla, così come è composto. Nel vuoto, precipitiamo tutti.
In questo 27 gennaio, Giornata della Momoria, aiutati anche dalla programmazione di Radio e TV, tornano alla mente i volti dei bambini ebrei che furono deportati ad Auschwitz e che mai tornarono a casa, i roghi dei libri del '33 e i rastrellamenti nei Ghetti europei. Tutto aiuta a non dimenticare uno dei periodi più bui della Storia e i milioni di vittime e la follia umana. La cosa più importante che dobbiamo imparare oggi è non dimenticare per tramandare a coloro che verranno dopo di noi ciò che è accaduto durante la Seconda Guerra mondiale. Per essere certi che la pagina più buia dell’umanità non abbia a ripetersi.
Sì, sono appena quattro gatti quelli che decidono dell’elezione del Presidente della Repubblica. Non i mille e passa “grandi elettori”, peones di lusso. Solo quattro: Letta, Salvini, Conte e Renzi. La politica è morta, passando da un fallimento a un altro. I partiti sono divisi, le correnti si sprecano. Siamo quasi agli sgoccioli delle votazioni e ancora non è chiaro che cosa voglia la politica da questa esangue Repubblica. O meglio, si capisce a chiare lettere. Vogliono riappropriarsi di ciò che hanno perduto: il potere, l’importanza, la credibilità, la fiducia degli elettori (quelli veri).
Il Popolo, nell’intento di allargare il raggio dell’informazione sulle attività territoriali del partito e rendere più capillare la comunicazione riguardo alle diverse iniziative ed azioni, che pur nella loro specificità non sono mai disgiunte dai comuni obiettivi nazionali, mette a disposizione dei lettori una nuova rubrica denominata “Territori”. Ciascun distretto può avvalersene per rendere più agevolmente conoscibili iniziative ed attività dei diversi organismi territoriali. Tale ulteriore fonte informativa non può che tradursi in pregevole arricchimento, non solo per ciascuna realtà locale, ma anche per la più completa conoscenza della vita del partito.
18 gennaio 1919. Mentre nella reggia di Versailles prendevano avvio i lavori della Conferenza di pace per porre fine alla Grande Guerra che aveva provocato milioni di vittime, a Roma, presso l’albergo Santa Chiara, la Commissione provvisoria del Partito Popolare Italiano con il segretario politico don Luigi Sturzo diffondeva il suo celebre appello ai «liberi e forti», rivolto a «uomini moralmente liberi e socialmente evoluti» pronti a sostenere un progetto per l’Italia del primo dopoguerra. «A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello ....».