IL POPOLO

Esteri

A Ginevra c’è un incontro importante tra Putin e Biden: due Grandi che si scambieranno frasi di circostanza per i media e che dovrebbero misurarsi sul terreno del conflitto o della composizione degli interessi. Il grande assente è la Cina, un problema per tutti e due. Altri grandi assenti sono l’Iran, la Corea del Nord e l’India. Poi, c’è la Corea del Nord: un imbarazzo per tutti.
Ci sono tutti, i feudatari dell’Impero, i grandi, i medi, i piccoli. Tutti a festeggiare il nuovo corso dell’Impero americano: Trump è morto, viva Biden. Ora si riparte alla grande. Pensate, gli Stati Uniti, questo grande e potente Paese, ha bisogno di noi! Ci convoca, ci consulta, ci chiede di aiutarlo a mantenere il suo impero.
Qualche mese fa, per ragioni di studio, ho svolto varie ricerche sulla situazione in cui riversa il Venezuela. Il paese, che fino agli anni 70’ era una tra le più floride nazioni dell’America Latina, fonte inesauribile di giacimenti petroliferi e paese di esodo per gente in cerca di fortuna da tutto il mondo, si trova oggi sull’orlo del baratro. Per capire le ragioni profonde che hanno costretto oltre 5,4 milioni di persone a fuggire dal paese dal 2013 ad oggi, sono necessarie alcune precisazioni sociali, politiche ed economiche.
Lo scempio che si sta facendo da decenni di questo popolo e di quello palestinese rimescola nel profondo gli odi più antichi, i rancori mai sfogati, la rabbia di una povertà non solo economica, ma anche culturale. Gli Israeliani hanno il diritto di vivere, come i Palestinesi. Gli Israeliani hanno il diritto di avere uno Stato, i Palestinesi no. Gli Israeliani sono forti in guerra e in armamenti. I Palestinesi no. Gli Israeliani vogliono vivere a dispetto dei Palestinesi, degli Arabi e del mondo. È giusto. Glielo dobbiamo. Ma anche i Palestinesi hanno diritto di vivere. Però, sembra che l’unico diritto di questi popoli fratelli (checché se ne dica), sia quello di uccidersi.
La Turchia è oggi una presenza inquietante dal punto di vista geopolitico. Il sistema politico creato da Erdogan sembra monolitico e voglioso di espansione, nel Caucaso, in Medio Oriente e nel Mediterraneo. È un regime non più tanto laico, anzi, con una forte tendenza ad identificarsi come uno Stato islamico, sorretto da un esercito che è il vero bastione della più recente storia del Paese. Ad Ankara, tre ministri seduti e la Presidente dell’Unione lasciata in piedi davanti al neo Califfo sono l’espressione evidente dell’opinione di Erdogan sulle donne e sull’importanza da attribuire all’Unione europea.