IL POPOLO

Politica

Sono iniziate le manovre che precedono l’elezione del capo dello Stato. Le votazioni in Parlamento hanno visto il venir meno della maggioranza di governo. Passaggio decisivo sarà la decisione sulla legge elettorale, tenendo presente che, tanto nel caso in cui si conservi il “rosatellum” maggioritario, quanto e a maggior ragione, si scelga quello proporzionale con sbarramento, una forza di centro ampia come quella indicata sarà indispensabile per mettere in sicurezza il sistema democratico del Paese. Serve che qualcuno si assuma credibilmente il compito di avviare il progetto in tempi certi e brevi con la speranza che, alla chiamata, rispondano positivamente i tanti democratici oggi sparsi tra la disaffezione e/o il disimpegno, sapendo che è giunto il tempo in cui possa partire una rinnovata componente politica centrale dello schieramento nazionale.
Come nei tempi più importanti della storia politica nazionale ed europea, anche nell’età della globalizzazione, spetta ai cattolici il dovere di impegnarsi in politica per tradurre nella città dell’uomo gli orientamenti pastorali indicati dalla dottrina sociale della Chiesa, così come espressi nelle ultime encicliche sociali: dalla “Centesimus Annus” del Papa San Giovanni Paolo II, “Caritas in veritate” di Papa Benedetto XVI, e di Papa Francesco: “Laudato SI” e “Fratelli Tutti”. Se la “Rerum Novarum” fu la pietra miliare dell’impegno politico dei cattolici, quale risposta alla questione sociale posta dalla prima rivoluzione industriale, le ultime encicliche sono quelle che hanno affrontato in maniera più rigorosa i temi posti dalla globalizzazione e ai drammatici problemi delle crisi energetica e ambientale del nostro tempo.
Perché una legge proporzionale pura? Perché è l’unica forma di elezione prevista e prescritta dalla Costituzione Italiana, secondo la quale vi è un solo sistema elettorale: il proporzionale puro (senza sbarramenti e senza premi di maggioranza). Con questo sistema ogni elettore ottiene che il suo voto sia “uguale” a quello degli altri “in entrata” ossia quando vota, e anche “in uscita” ossia nel risultato delle assegnazioni dei seggi. Quindi ogni elettore sarà rappresentato nei seggi del Parlamento in proporzione esatta al numero di voti ottenuti dalla lista per cui egli ha votato.
Dopo la formazione dell’attuale governo Draghi, si sta verificando un processo di seria scomposizione-ricomposizione delle forze politiche all’interno del quale assume realistica possibilità, come annunciato da più parti, quella di una Federazione di centro. In sostanza, restando la legge maggioritaria, il progetto della rinascita politica della DC, ancorché meritevole sarebbe inefficace se non per le ambizioni di qualcuno, come lo è stata la rendita di posizione garantita a destra dall’utilizzo per grazia ricevuta del simbolo dello scudo crociato, dal trio dell’UDC: Cesa, De Poli, Saccone insieme alla sen. Binetti. Con la legge di tipo proporzionale, essenziale sarebbe l’unità più vasta d’area.
Il paradosso di un popolo che decide di rinunciare alla propria sovranità. La vittoria clamorosa del Partito Anonimo dell’Antipolitica e la conseguente clamorosa sconfitta della democrazia dettata dalla Costituzione Italiana. Fra vent’anni gli storici racconteranno di un evento paradossale accaduto in Italia. Il Popolo italiano il 20 e 21 settembre 2020, con l’84 per cento dei voti referendari ha scelto di rinunciare alla possibilità che gli era assicurata dalla Costituzione di avere un rapporto ravvicinato coi propri rappresentati. E ha deciso così, fatto inedito nella storia, una drastica auto-riduzione della propria sovranità.
Da diverso tempo si susseguono interventi tesi a promuovere l’avvio di un rinnovato centro della politica italiana, alternativo alla destra nazionalista e populista, distinto e distante dalla sinistra alla ricerca della propria identità. Lo stiamo facendo da molti anni noi della DC, legittima erede del partito storico, come la stessa Federazione Popolare dei DC insieme a numerose associazioni, movimenti, gruppi facenti parte della vasta e articolata area dei cattolici democratici e cristiano sociali.
Dobbiamo riaprire il contenzioso sull’utilizzo elettorale del nostro glorioso scudo crociato. Con Cesa le abbiamo tentate tutte e sin troppe volte e, sempre con lui, abbiamo anche ritentato con la Federazione Popolare DC ritenendo che anche nei tre superstiti, già DC, prevalesse, come in tutti noi, la volontà di concorrere alla ricomposizione possibile dei democratici cristiani, ma, sempre alle scadenze elettorali, nazionali, europee e/o locali, ha finito col prevalere l’interesse del “particulare” personale. Agli amici più competenti in materia giuridica il compito di valutare se e come procedere per le vie giurisdizionali: al Consiglio nazionale, alla Direzione e alla Segreteria nazionale, quello di assumere una forte iniziativa politica in tutte le sedi istituzionali e dei media per superare questa insostenibile situazione.
Quasi il 60% di renitenti al voto alle elezioni comunali. Da lì bisogna ripartire per comprendere il grado di crisi della nostra democrazia. La disaffezione della politica, il disagio sociale e le manifestazioni di piazza, la crisi morale, culturale e sociale, in una parola l’anomia che pervade la società italiana, sono state le ragioni della mancata partecipazione al voto.
Tutti insieme democristianamente: rimpatriata di ex D.C. a Palazzo Roberti per Mario Segni e il suo libro sulla “fake news” del piano di colpo di Stato del 1964 in Italia. Per l’occasione sono copiosamente riuniti i pezzi da 90, da 60 e da 30 della Democrazia Cristiana locale del tempo che fu, nella gloriosa era della Balena Bianca che più bianca non si può. Il quadro politico e sociale dell’Italia di quel 1964, come spiega sempre il relatore, era quello di un Paese in crisi “con le prime tensioni dopo il boom economico” e “con un periodo di instabilità del sistema italiano prima del referendum sulla scala mobile”.
L’astensione è stata ovunque ampia e diffusa. Più forte nei centri città, a Milano e a Bologna, e assai più consistente nelle periferie, come a Roma. L’astensionismo lo paga soprattutto il M5S che, non solo perde i suoi sindaci, ma è decisivo solo in accoppiata col PD a sinistra. Dalle urne delle amministrative emergono due netti vincitori: il PD di Letta e Fratelli d’Italia della Meloni che si annunciano come i poli di riferimento essenziali a sinistra e a destra della politica italiana. Netta la sconfitta di Salvini e della sua idea del partito leghista che, invece, nel Nord Est fa il pieno di voti nei comuni delle regioni guidate da Zaia e da Fedriga.