di Ettore Bonalberti
Ci abbiamo provato, alla fine il risultato è da prefisso telefonico.
Prendiamone atto, con una disaffezione aumentata del 17% rispetto alle ultime regionali, e l’astensione dell’elettorato al 44,7 % (11,7% in più rispetto al 2020) , un centro alternativo alla destra e alla sinistra nel Veneto, come probabilmente in Italia, non esiste più.
Nonostante una legge proporzionale, seppur con uno sbarramento al 3%, anche stavolta è prevalso “il voto utile” che, nel Veneto, è suddiviso tra il 62-63% alla destra e il 27-29 % alla sinistra. D’altronde, tutta la campagna elettorale era stata caratterizzata dallo scontro, non tanto tra il giovane leghista Stefani e il candidato della sinistra, Manildo, quanto al confronto teso tra i due maggiori partiti della destra: Lega e Fratelli d’Italia. A risultati ufficiali finali sapremo chi avrà prevalso, anche se, in ogni caso, il presidente di Giunta sarà leghista e il governo, probabilmente, con una presenza assai consistente del partito della Meloni.
Ciò che rimane della vecchia esperienza democratico cristiana del “Veneto bianco” è in quel piccolissimo 0,4-0,6 per cento che, almeno per me, è il segnale della fine di ogni possibilità. Ci avevamo sperato e non solo tra amici veneti, ma anche di tante altre parti d’Italia che guardavano al Veneto come a un test importante per il progetto DC e popolare.
Qui finisce il mio impegno di modesto “osservatore partecipante”, che si ridurrà a quello di semplice spettatore delle vicende di una realtà sociale e politico culturale per la quale ho impegnato gran parte della mia attività politica.
Credo sia giunto il tempo di ripartire dalla base, dai singoli comuni veneti, nei quali giovani dotati di passione civile possano attivare centri civico popolari di partecipazione democratica ispirati dai valori della dottrina sociale cristiana. Mi auguro che i Popolari per il Veneto continuino la loro testimonianza, per la quale ringrazio per l’impegno profuso, il candidato Fabrizio Bui, ma, senza rappresentanti in consiglio regionale (assenza che si protrae da trent’anni) sarà molto dura e servirà ricercare queste nuove leve in ciascuna provincia veneta.
Dal risultato complessivo del voto delle tre regioni, Veneto, Campania e Puglia, emerge, invece, la possibilità di un confronto possibile e più equilibrato tra destra e sinistra alle prossime elezioni politiche. Il governo, timoroso della perdita certa con questi risultati, in molti collegi uninominali del Sud, col rischio della stessa maggioranza al Senato, punta al cambiamento della legge elettorale, ipotizzando un premio di maggioranza e il superamento di molti collegi uninominali, secondo un’impostazione che ricorda la famigerata legge Acerbo del 1923.
Una ragione in più per tutti i partiti alternativi a questa impostazione autoritaria e incostituzionale, per sostenere le due leggi di iniziativa popolare (LIP) per il ritorno alla legge proporzionale con preferenze e per il cancellierato, così come depositate al ministero di Grazia e Giustizia, la cui raccolta firme scadrà il prossimo mese di febbraio.
Sarà questa l’occasione per verificare se esistono le condizioni per favorire la nascita di un blocco sociale, culturale e politico in grado di porsi in alternativa a quello sin qui dominante della destra nazionalista e sovranista.


























