IL POPOLO

Politica

Seguo le vicende politiche italiane da “vecchio DC non pentito”, nel mio buen retiro mestrino, come un “osservatore assai poco partecipante” che raccoglie le sue informazioni da amici più giovani e ben presenti nelle vicende romane. Con l’ultima mia nota mi attendevo qualche risposta, in particolare dall’amico Mario Mauro, con il quale, insieme al compianto on Potito Salatto, ho concorso alla nascita del movimento-partito dei Popolari per l’Italia. Sin qui da Mauro un silenzio incomprensibile che, conoscendo l’amico Mario, non vorrei fosse legato a condizionamenti dovuti a oggettive difficoltà presenti anche per lui quanto all’obbligo della raccolta delle firme, o, peggio, ad eventuali condizionamenti esterni, che lo trattengono dal compiere scelte più rischiose rispetto a quella di un’eventuale candidatura personale in una lista di centro destra.
In attesa di conoscere le decisioni del possibile “federatore” del centro nuovo della politica italiana, alternativo alla destra nazionalista e sovranista e distinto e distante dalla sinistra, considerate le difficoltà oggettive della raccolta delle firme in tempi ormai stretti, dobbiamo attendere le decisioni dell’amico Mario Mauro dei Popolari per l’Italia. Se, malauguratamente Mario Mauro non rispondesse positivamente all’invito, anche la disponibilità espressa da Matteo Renzi con Italia Viva potrebbe essere considerata, a condizione che sia chiara la nostra partecipazione di DC e Popolari nella lista per le europee e la nostra successiva collocazione a fianco del PPE.
La sua lista alle regionali sarde ha ottenuto lo 0,3 %, poco più di duemila voti e l’UDC di Cesa il 2,8%, 19.056 voti. Passi per Cesa, organico da tempo della destra leghista col suo alter ego padovano De Poli, ma ciò che lascia interdetti è la lettera post voto dell’on. Rotondi alla Meloni: “Cara Giorgia, convoca subito un vertice con Maurizio Lupi, Lorenzo Cesa, me e Cuffaro. Facciamo sì che questa nostra area di confine sia ricondotta a una sintesi unitaria, in coordinazione con FdI”. Spiace che una persona intelligente come Rotondi, si sia ridotta al galleggiamento permanente; prima, con il Cavaliere e, adesso, con Fratelli d’Italia.
Si moltiplicano le iniziative per la ricomposizione politica dell’area cattolica DC e popolare. Aveva avviato il confronto Iniziativa Popolare, il 15 Gennaio, in una riunione nella quale gli on. Tassone e Gemelli, con Mattia Orioli, avevano presentato un documento politico che sarà esaminato dai diversi partiti e movimenti, avendo già incontrato l’adesione degli amici della DC guidata da Cuffaro e Grassi. Il 18 Gennaio, Tempi Nuovi ha organizzato un interessante convegno sul tema: L’Appello di Sturzo tra progressisti e conservatori, al quale hanno partecipato, tra gli altri, gli Onn.Gozi e Fioroni. Ho potuto assistere on line all’incontro, coordinato dal sen D’Ubaldo, insieme ad altri amici, per comprendere la direzione che Tempi Nuovi intende assumere in vista dei prossimi impegni elettorali.
Dopo oltre quindici mesi dalle elezioni politiche del 2022, alla vigilia delle prossime consultazioni elettorali che chiameranno al voto gli italiani per rinnovare il parlamento europeo, cinque consigli regionali e alcune migliaia di consigli comunali, credo sia giunto il tempo per un bilancio sull’azione di governo dell’on. Meloni e di valutare anche il nostro “che fare “ come DC e Popolari... Dovremo puntare alla nostra ricomposizione da sperimentare, se sarà possibile, con una lista unitaria d’area alle europee, e con liste unitarie alle elezioni regionali e locali, e, insieme, l’alleanza con quanti, eredi dei valori e dei partiti fondatori della Costituzione, intendono favorire il progetto di governo alternativo a quello della destra, foriero solo di divisioni, incapace di garantire più solidarietà e maggiore giustizia nella società italiana.
La vulgata che si sta diffondendo, col sostegno del governo della destra e dei vari organi di stampa a esso vicini, sarebbe quella secondo cui: “il popolo sarebbe favorevole al premierato”. E’ una tesi azzardata e pericolosa, diffusa da una maggioranza fittizia che, alle ultime elezioni politiche, ha prevalso con un voto rappresentativo di metà dell’elettorato attivo italiano, ma che oggi controlla la quasi totalità dell’informazione radio televisiva. E' necessario che i partiti e i movimenti delle culture che hanno contribuito al patto costituzionale, avvino senza indugi i comitati per il NO.
Dal tempo dell’Opera dei Congressi (1874-1904) alla nascita del PPI (18 Gennaio 1919) i cattolici decisero di scendere in campo nella politica italiana, con l’obiettivo di inverare nella città dell’uomo gli orientamenti pastorali della dottrina sociale della Chiesa. Dalla “Rerum Novarum “di Papa Leone XIII alle encicliche giovannee: “ Mater et Magistra” e “ Pacem in terris” sino a quella paolina: “ Populorum progressio”, furono sempre i principi ispiratori della DSC a guidare la loro azione politica, dai Popolari di Sturzo alla DC di De Gasperi, Fanfani, Moro e degli ultimi democristiani della nostra quarta generazione.
Il dirigente nazionale della Democrazia Cristiana Alì Listì Mamam replica all’attivista leghista che pochi giorni fa durante il raduno della Lega a Pontida nel bergamasco, in occasione del comizio di Matteo Salvini insieme a Marine Le Pen, aveva esibito una maglietta con la scritta: “Blocco navale subito! Cedere Lampedusa all’Africa”.
All’annuncio di Renzi dell’avvio del suo centro, ho espresso il mio interesse al progetto che, tuttavia, richiede alcuni chiarimenti di fondo, tenendo presente che noi DC e Popolari siamo interessati a collegarci alla migliore tradizione storico politica dei padri fondatori DC dell’Unione europea: De Gasperi, Adenauer, Monnet e Schuman, oggi tenuta in vita, seppur con qualche contraddizione, dai partiti di ispirazione DC in Europa, tra i quali, essenziali la CDU e la CSU di Germania. Con questi partiti vogliamo, come anche ha sostenuto Renzi, portare avanti un progetto di riforma dell’Unione europea da declinare meglio sui principi della dottrina sociale cristiana, quali quelli della solidarietà, fraternità e sussidiarietà e per la costruzione di un’Europa federale nella quale debbano prevalere i valori democratici e popolari su quelli della finanza propri del turbo-capitalismo dominante.
Sono trascorsi più di duemila giorni dal referendum veneto per l’autonomia e i segnali che giungono dal governo della destra meloniana non offrono alcuna speranza, nonostante le minacce del ministro Calderoli, che si è così espresso: “se non passa l’autonomia differenziata lascio la politica e, stavolta, non come Renzi”. Pur comprendendo alcune delle obiezioni che gli amici delle regioni meridionali sostengono, nel timore che, con l’autonomia differenziata, prevista dalla Costituzione, si possano creare situazioni, peraltro già esistenti, di forte differenziazione in Italia su alcune materie rilevanti come: scuola, sanità e servizi, vorrei evidenziare che la mia Regione è una delle poche che nel suo Statuto, approvato con legge regionale n. 340 del 22 Maggio 1971, si parla esplicitamente di “popolo veneto”.